Long Term Care. Come tutelare il rischio longevità e la perdita dell’autosufficienza

Ormai è un fatto consolidato: l’aspettativa di vita in Italia è tra le più alte al mondo, sfiorando gli 85 anni. Il vivere più a lungo ci pone però di fronte a nuovi problemi e a nuovi rischi che speranze di vita più basse non generano. Il tasso di natalità italiano, di contro, è in continua diminuzione: dal 2008 ad oggi le nascite sono diminuite sensibilmente, di oltre centomila unità. Tutto questo, oltre a dare problemi seri di sostenibilità per la previdenza pubblica, come è comprensibile, comporta un ulteriore grave problema: si stima che nei prossimi dieci, quindici anni circa il numero degli anziani disabili da assistere in Italia dai tre milioni attuali possa addirittura raddoppiare. Ecco che tutelarsi dal rischio longevità diviene una priorità attuale, per evitare enormi scompensi nel bilancio familiare in un futuro prossimo.

Le polizze Long Term Care

Nel Ramo vita sono presenti da tempo contratti assicurativi che tutelano dalla perdita della cosiddetta autosufficienza. Per autosufficienza si intende la capacità di svolgere in autonomia le principali attività quotidiane: mangiare, lavarsi, vestirsi, muoversi e svolgere le normali funzioni fisiologiche. Le Long Term Care (LTC) prevedono il pagamento di premi annui – in un dato periodo di tempo o a vita intera – e la loro prestazione assicurativa è l’erogazione di una rendita vitalizia in caso, appunto, di manifesta disabilità. Essendo la non autosufficienza un rischio che cresce con l’avanzare dell’ètà, è comprensibile intuire che il premio di questo tipo di contratti sarà più basso quanto più bassa sarà l’età dell’assicurato.

Come si riconosce la perdita dell’autosufficienza?

Il metodo adottato per riconoscere se la prestazione LTC all’assicurato è dovuta o meno varia da compagnia a compagnia assicurativa. Al momento della sottoscrizione, tutte le compagnie sottopongono l’assicurato almeno ad un questionario sanitario; in alcuni casi sarà invece necessario sottoporsi anche a esami clinici specifici. Al momento in cui viene richiesta la prestazione, l’assicurato viene sottoposto a valutazione: in genere viene stabilito un punteggio, basato sul numero di attività che non si riescono più a svolgere in autonomia. La rendita vitalizia può poi essere revocata, dovesse verificarsi una regressione della disabilità.